IL CULTO CRISTIANO A SANTO STEFANO IN ASPROMONTE


MONS. STEFANO MORABITO :
 
“Stefano Morabito, originario di Santo Stefano in Aspromonte, fu il fondatore del monastero di S.Maria della Visitazione  (Sales) in Reggio Calabria. Apparteneva ad una delle famiglie più “onorate” del paese per condizioni sociali ed economiche. Figlio di Giovanni Angelo e Geronima Caracciolo, rimase orfano di entrambi i genitori a causa di un ignoto omicida. “Secondo un’anonima religiosa autrice di una Vita l’omicidio avvenne senza alcuna motivazione mentre secondo il Musolino trattasi solo di pura follia dell’assassino; Per Mons. Antonino Denisi, invece, si trattò presumibilmente di una vendetta. La biografa autrice della Vita e la cronista autrice degli Annali del monastero (1753-1909) affermano che Stefano sia stato capace del più eroico gesto del perdono cristiano teso a benedire e abbracciare il barbaro assassino piuttosto che restare chiuso e distante ad esso. L’adolescenza e la prima giovinezza del piccolo Stefano furono trascorse nel seminario di Oppido Mamertina, all’insegna dello studio e della penitenza.

Dalla Vita è possibile dedurre che Stefano mortificava il corpo con pratiche ascetiche. A 20 anni conseguì la laurea presso lo studio teologico nel collegio domenicano di Reggio, per poi ritornare a Santo Stefano per un breve periodo. Nel 1736 Stefano venne ordinato sacerdote e si pose alla guida del patrizio Antonio Musitano e le sue tre figlie M. Angela, M. Margherita e Rosa Maria, che in un secondo momento offriranno la propria abitazione per costituire il nascente monastero. Il Morabito, nel contempo insegnò lettere classiche in seminario e fu nominato canonico nel 1746. l’arcivescovo Damiano Polou, nel 1752, segnalò Stefano per la nomina a vescovo di Bova, per i suoi meriti di dottrina ed il suo fervore di spiritualità, il quale, però, si riteneva indegno ad avere un tale posto nella chiesa di Dio. Anche papa Bendetto XIV rimase compiaciuto della dottrina spirituale di Stefano.

il 19/01/1753 fece ingresso a Bova dove offrì con spirito indefesso il proprio impegno nelle attività episcopali, ma il suo cuore era a Reggio, in cui era stato già promotore e fondatore del monastero della Visitazione, ispirato alla regola di S. Francesco di Sales. Nel 1753, Carlo III di Borbone, ministro del re di Napoli, gli dava comunicazione che era stata concessa l’autorizzazione alla fondazione del monastero. Il solo palazzo della famiglia Musitano non era sufficiente per adibirlo a Monastero e pertanto venne acquistata dalle sorelle Morabito la casa a fianco, di proprietà dei signori Pileci su cui Stefano Morabito impegnò personalmente tante altre spese per i lavori di trasformazione. Ad istruire la nuova comunità all’osservanza della regola sopraggiunse Suor Giovanna Teresa de Peroux, fondatrice del monastero della visitazione di Palermo.

Successivamente si impegnò a far costruire una chiesa più grande della precedente cappella con il legname di castagno attinto dal proprio fondo di Scifadi, in S. Stefano e progettata da architetti giunti da Messina. Per contribuire alle spese ordinò persino di risparmiare sui pasti giornalieri accontentandosi di erbe cotte e poche olive. I lavori terminarono nel 1772, anno in cui la chiesa fu inaugurata sempre da Mons. Morabito. Nel 1757 la popolazione di S.Stefano aveva acquistato un fondo di proprietà del Morabito il cui ricavato era stato devoluto a favore del monastero. A partire dal 1764 tornò a Reggio nel convento dei PP. Domenicani da dove continuò senza alcuna esitazione ad interessarsi per il monastero spirituale delle suore e dove morì dopo una grave malattia il 10/08/1780. Sebbene il suo volere fosse quello di un funerale semplice, l’arcivescovo Mons. Capobianco dispose la celebrazione di funerali solenni, che vennero eseguiti nella chiesa del monastero con la presenza di una folla così numerosa da non avere spazi a sufficienza per poter ospitare tutti. La bara fu tumulata nella stessa chiesa del monastero, a fianco del confessionale, per espressa volontà del defunto e sul suo sepolcro fu posta una lapide di marmo.
Mai venne introdotto un processo di riconoscimento delle sue virtù, per l’eccezionalità delle opere compiute e per l’attribuzione di fatti straordinari e guarigioni da malattie, assecondando così il suo desiderio di cancellare il proprio nome dal mondo. Si concludeva, quindi, la vita di un vero asceta, permeata dalla continua preghiera, dalla povertà e dalla penitenza, con esperienze di cui si ha traccia nelle lettere, di contemplazione, visioni, preghiera. Stefano Morabito fu uno dei protagonisti del risveglio della chiesa reggina nell’età moderna, una figura luminosa di religioso, un sacerdote che seppe incarnare con la coerenza di una vita cristallina l’amore di Cristo”.
Tratto dal libro: Domenica Musolino; Santo Stefano Storia e tradizioni tra fede e patria; città del sole edizioni;2008
 
L’amministrazione comunale di Santo Stefano in Aspromonte il 19 agosto del 2021 ha inaugurato un alto rilievo realizzato dal prof Angelo Maesano rappresentante Monsignor Stefano Morabito e lo ha posto sulla parete esterna all’ingresso dell’Auditorium ex Sala del Carmine, la leggenda dice che chi stringe la mano al Monsignore vedrà realizzato il desiderio espresso


 

 
SAN GIOVANNI IN CASTANETO :

 
“Quasi all’inizio del paese di Santo Stefano, sono visibili i ruderi appartenenti all’antico monastero “basiliano di S. Giovanni in Castaneto”, che ha lasciato il nome Batìa (Abbazia) alla contrada. Del monastero è attestata l’esistenza prima ancora che si abbia notizia del paese. Il monastero era dedicato a San Giovanni Battista e prendeva il nome di Castaneto dall'abbondanza di castagne che coprivano il declivio, oggi sostituiti da olivi. Oltre alle celle e agli ambienti comuni, vi era una chiesetta con campanile dedicata al Santo. Risulta che si venerava nell'altare maggiore un'icona raffigurante la decollazione. Ai lati vi erano altri due altari, uno dedicato alla Madonna, l'altro a San Basilio.

P.F. Russo nella sua “storia dell'arcidiocesi di Reggio Calabria” cita una conca, un capitello bizantino, due tronchi di colonne decorate a reticolato e rosette, di evidente epoca normanna, provenienti dalla chiesa di S. Giovanni di Castaneto. I monaci di rito greco nell’Italia meridionale sin dal XI secolo vennero chiamati dagli occidentali “basiliani” perché si riteneva erroneamente che essi facessero parte di qualche congregazione particolare. L’espressione “monaci basiliani “non è del tutto appropriata in quanto fa riferimento ad un fenomeno religioso di cui San Basilio non ne fu il fondatore. I monaci inizialmente si diffusero nelle zone più aspre e selvagge del territorio, successivamente si aggregarono in cenobi offrendo un contributo notevole in termini economici e culturali alla gente guidata e governata da essi. A seguito delle incursioni arabe, il merito che ebbero i monaci di spiritualità orientale fu quello di ridare fiducia ed aiutare a sopravvivere una popolazione disperata, affamata e decimata dalla malaria. Lo studioso Ferrante sostiene che agli inizi del XIV secolo la gente che gravitava intorno al monastero di S. Giovanni in Castaneto attribuiva spontaneamente all’abate (egumeno) il ruolo di primo coordinatore della popolazione locale.

Dopo alterne vicende, il monastero venne soppresso a seguito di notevoli danni subiti col terremoto del 1783 e i suoi beni furono incamerati dalla cassa sacra. Dopo proteste popolari fu però riaperto nel 1796, anno in cui, si decise che le sue rendite sarebbero state devolute, insieme a quelle di due monasteri, per l’istituzione del futuro liceo ginnasio di Reggio. I basiliani avrebbero ottenuto quattro cattedre di insegnamento all'interno del collegio e i ragazzi di Santo Stefano che avessero voluto frequentarlo avrebbero avuto uno sconto di quattro Ducati sui 40 annui della retta. Il Ferrante nota come il tramonto del monastero abbia favorito la nascita di un istituto di cultura che si sarebbe affermato in modo illustre a Reggio e provincia. La definitiva soppressione del monastero avvenne con provvedimento di Gioacchino Murat del 30/11/1808. In quel tempo cessò anche di essere adoperato il nome di “Castaneto” pervhè i castagni furono sostituiti da un oliveto”.
 
Tratto dal libro: Domenica Musolino;Santo Stefano  Storia e tradizioni tra fede e patria; città del sole edizioni;2008
 
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