L'IMPEGNO E LA PASSIONE DI UMBERTO ZANOTTI BIANCO PER SANTO STEFANO E MANNOLI


Zanotti Bianco a Mannoli
 
Umberto Zanotti Bianco, formatosi nel Collegio dei Barnabiti a Moncalieri e, successivamente, nel cenacolo di Antonio Fogazzaro, giunse in Calabria a 19 anni, con i soccorritori del “Gruppo Vicentino” dove rimase colpito dalla devastazione e dalle sofferenze dei bambini tra le macerie del terremoto del 1908 a Villa San Giovanni da dove propose la fondazione dell’A.N.I.M.I. (Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia).
Zanotti, con alcuni giovani amici, volle conoscere, volle capire! Il primo “incontro” con l’Aspromonte mitico e impervio avvenne in occasione dell’indagine-inchiesta condotta da Zanotti con Giovanni Malvezzi, nel 1909, in Calabria, sull’Aspromonte da cui trarre le misure efficaci per degli interventi mirati. Esplorò il territorio a piedi o a dorso di mulo, entrò nelle case, parlò con la gente, fece inchieste; una raccolta di elementi di rilievo sociale, statistico e sulla situazione reale igienico-sanitaria, così sbocciò l’amore di Umberto Zanotti Bianco per l’Aspromonte. Pubblicò “L’Aspromonte Occidentale” che gli permise di elaborare un Meridionalismo critico e pragmatico che si staccò nettamente dai piagnistei e dal vittimismo, dalla rassegnazione rinunciataria che toglieva ogni speranza alla Calabria: una Rivoluzione Culturale!
L’aristocratico piemontese colse la magia di questa terra antica e sfortunata e ne rimase affascinato; tramandò con le sue iniziative, con i suoi scritti da romantico idealista la bellezza dei luoghi e delle persone che incontrò nel suo peregrinare. “L’intellettuale filantropo dall’aria ascetica”, come Maria Josè di Savoia definì Zanotti, fu il più grande meridionalista in quanto egli amò e adottò la Calabria e i calabresi, soprattutto i bambini: “…la mia terra…”, “…la mia Calabria…”, “…i miei bambini…” scrisse.
Coinvolse i più illustri meridionalisti e gli amici più facoltosi, portò nei salotti buoni della Capitale e del Nord la bellezza, le potenzialità e le sventure della Calabria; condusse Santo Stefano e a Mannoli decine intellettuali, politici, artisti, viaggiatori e attraverso i loro racconti divulgò il fascino del mitico Aspromonte: Tommaso Gallarati Scotti, Giovanni Malvezzi, Paolo Orsi, Teodoro Brenson, Giuliana Benzoni, Sofia Cammarota Adorno, Giuseppina Le Maire, contessa Nora Balzani, Ivanoe Bonomi, Napoleone Colajanni, Antonio De Viti De Marco, Barlow Brewster Achsah, Mariettina Pignatelli di Cerchiara, Giuseppe Isnardi, Mario La Cava, Giuseppe Lombardo Radice, Giovanni Gentile, Arrigo Serpieri, Ferdinando Nunziante di San Ferdinando, Samuel Sidney McClure, Manlio Rossi-Doria, Rufo Ruffo della Scaletta,  p. Giovanni Semeria, e tanti altri.
L'azione praticata da Umberto Zanotti Bianco dell’ANIMI in Calabria ebbe tre punti cardine: scuola e formazione (fondò asili e biblioteche); assistenza sanitaria (fondò ambulatori, colonie), lavoro (fondò cooperative agricole e artigianali). Il 14 febbraio 1920 pronto a concretizzare i suoi disegni per bambini sofferenti, per le famiglie dei dispersi e degli sbandati in guerra, soprattutto per i bambini conviventi in famiglie nelle quali tubercolosi e malaria decimavano i più deboli e debilitavano i più forti,
Zanotti progettò di istituire delle colonie montane o marine dove raccogliere in un ambiente salubre i bambini malarici o predisposti alla tubercolosi, soggetti che, comunque, richiedevano un provvisorio allontanamento dai nuclei familiari dove la convivenza in locali ristretti e malsani e/o accanto a malati gravi poteva risultava fatale. Per istituire la colonia montana in Aspromonte, Zanotti scelse felicemente Mannoli un luogo splendido nel comune di S. Stefano in Aspromonte territorio che ben conosceva, frutto della sua inchiesta condotta insieme con Giovanni Malvezzi. Il Prof. Aurelio Romeo, figlio di Stefano Romeo medico e patriota, avviò le pratiche di una donazione che, dopo la sua morte prematura, furono perfezionate dalla moglie Vincenzina Caracciolo, il Comune di Santo Stefano e l’ANIMI che decise di acquistare vari lotti di terreno di Mannoli a fronte di alcuni posti riservati per bambini nella colonia.
La zona era idonea per i requisiti di accessibilità, salubrità, ampiezza per accogliere una colonia sanitaria per assistere ed istruire i bambini. L’attività dell’Associazione a Santo Stefano comprendeva, opere di bonifica, di sistemazione del territorio con attività agricole collaterali; nel 1931 si realizzarono delle opere idrauliche ai margini della colonia per imbrigliare le acque e di contenimento del terreno nel canalone preesistente strutturandolo con terrapieni a gradoni per permettere l’utilizzazione produttiva di alberi da frutta e prodotti della coltivazione.
 
Il 5 dicembre 1920 l’ANIMI chiese alla Direzione del Comando Militare arredi materiali sanitari e alberghieri di primo impianto per l’avviamento di: “… una serie di opere destinate ad assistere ed educare gli orfani di guerra. Così sorgerà a breve sull’Aspromonte una colonia per bambini deboli, orfani di combattenti…”. Per la realizzazione dell’impresa Umberto Zanotti Bianco incoraggiò e coinvolse tutte le sue conoscenze a tutti i livelli nel territorio nazionale; si prodigò con tutte le sue forze considerando la colonia, più di altre iniziative, “una sua creatura” e perché essa riassumeva il suo “metodo” la sua filosofia dell’impegno per il Mezzogiorno, il suo Meridionalismo: istruzione dei fanciulli e assistenza sanitaria. La colonia fu intitolata a Leopoldo Franchetti, primo presidente dell’ANIMI, integerrimo conduttore dell’Associazione fino al giorno della sua morte.
I primi fondi (100 mila lire) per l’istituzione della colonia sanitaria furono affidati personalmente a Zanotti Bianco da Suzanne Ferrière, Segretaria Generale aggiunta dell’Union International de Secours aux enfants di Ginevra (UISE) e, nel 1923, da Save the Children Fund di Londra (20 mila lire).  William Arthur Mackenzie e Suzanne Ferrière visitarono la Colonia nel 1923, Suzanne tornata a Ginevra, scrisse il 29 marzo 1023: “Sono stata felicissima in particolare da Voi a Santo Stefano in Aspromonte”.
Nel 1922 fu inaugurata ufficialmente la colonia “Leopoldo Franchetti” allestita inizialmente con due grandi padiglioni in legno per il dormitorio e per il refettorio, un piccolo “chalet” per ospitare i membri dell’Associazione in ispezione o in visita e il primo edificio in muratura per il personale direttivo. La colonia nel primo anno accolse i bambini solo nella stagione estiva e, successivamente, dal 1923, con l’incremento e il miglioramento degli edifici, rimase aperta per l’intero anno. Furono ospitati bambini provenienti dalla regione Calabria e da Messina e provincia. La direzione della colonia fu affidata alla signorina Adriana Mayor, infermiera professionale svizzera, e alle suore Francescane Alcantarine. Direttrice Superiora fu Suor Teodolinda Paduano che dedicò tutta la sua vita ai bambini della colonia fino al 1974 anno della sua morte. Iniziò la sua missione presso l’asilo di S. Stefano nel 1938 e, successivamente dal 1941, presso la colonia di Mannoli per 33 anni. A Mannoli e a Santo Stefano la ricordano ancora attivissima, trascinarsi su due stampelle per una paraplegia agli arti inferiori conseguenza delle lesioni multiple causate da un mitragliamento aereo sulla costa ionica calabrese durante la seconda guerra mondiale.
Jules Destrée scrisse: “la strada che da Reggio saliva a S. Stefano in Aspromonte attraverso aranceti, uliveti e castagneti […]. Le siepi sono formate da agavi  e da cactus…Benchè questa vegetazione meridionale mi affascini, essa non mi impedisce di notare i fiori. Questi giorni di maggio li hanno fatti risvegliare tutti al richiamo della primavera. Nei dintorni di Reggio gli aranceti e i limoneti sono in fiore; chi si trova a passare nei paraggi è stordito dagli effluvi profumati. Vi sono poi rose e gerani enormi nei giardini e papaveri nei campi. Camminando tra timo e lavanda e bergamotto e menta; ci si arresta davanti alle rose canine, convolvoli, margherite, mimose, garofani, robinie. … La colonia è stata voluta da Zanotti Bianco e da Piacentini che spingevano la loro devozione fino a lavorare con le proprie mani. Intellettuali persone di cultura e stile per le quali la cultura estetica e l’arte sono inseparabili dalla formazione e dalla beneficienza sociale per creare un clima intellettuale ”.
Hélèn Tuzet scrisse nel colmo dello stupore: “ho visitato in Italia tante colonie del genere … ma dove trovare la stessa atmosfera, un luogo in cui la distinzione è il risultato di semplicità popolare e finezza aristocratica? Mai una caduta di gusto, mai un eccesso; niente che non sia scelto dalla volontà molto particolare di una personalità di alto profilo morale e sensibilità, da un esplicito atto d’amore”…. “le mani stesse che hanno lavorato qui non erano esecutrici impersonali: la decorazione della baraccopoli porta l’impronta unica delle opere che hanno forgiato colui stesso che le ha concepite, umilmente, senza disdegnare il lavoro manuale e la fatica fisica, poiché le mani che modellavano erano intelligenti, sensibili e tutt’uno col cervello che le guidava. E difatti, sono Piacentini e Zanotti Bianco che hanno riunito uno ad uno gli oggetti scelti e reperiti sul posto e che hanno maneggiato il martello e il pennello”. “L’insieme forma una sinfonia in giallo oro e blu reale, alla quale è armonizzata anche l’uniforme dei piccoli: i maschietti in blu scuro con orli gialli, le femminucce in golfino marrone scuro e un fiocco blu tra i capelli. I dormitori tutti dipinti di bianco, pervasi di luce e allegria, sono fregiati con mattonelle di maiolica con impressa la spiga di Metaponto, giallo oro su fondo blu brillante, il blu dei Della Robbia. La sala da pranzo, dove ci vengono serviti gustosi champignon, ha mobili dalle linee sobrie dipinti degli stessi colori; alle pareti riproduzioni di Fra’ Angelico e Benozzo Gozzoli “.
Nel 1932 il Ministero dell’Interno inviò in visita d’ispezione il Prof. Paladino che esprimendo un giudizio ampiamente positivo sul metodo scolastico applicato nella Colonia, consentì l’inizio dei lavori di ammodernamento, tra cui la costruzione della chiesetta votiva, in legno, intitolata a Gaetano Piacentini e fortemente voluta da Umberto Zanotti Bianco che ne seguì direttamente la realizzazione suggerendo alcune soluzioni architettoniche. Essa rappresenta la “sua” religiosità profonda ed essenziale, “modernista” secondo gli insegnamenti di Padre Giovanni Semeria ma strettamente ancorata alla rappresentazione iconica e artistica della fede. Una chiesetta viva, funzionale dove entrando, ancora oggi, si respira un “cristianesimo spiritualizzato”, un luogo di incontro spirituale divenuto da chiesetta della Colonia a chiesa di Mannoli. I fedeli erano richiamati dal “suono cristallino” di una campana in bronzo.
“Ma il capolavoro di questa colonia, scrisse Hélèn Tuzet, è la chiesa una semplice mansarda, cui si accede tramite una scala esterna. E una chiesa viva, dunque, e vi si respira un cristianesimo spiritualizzato. […] Anche qui sinfonia di blu e oro. Un bel cancello di ferro battuto separa gli ospiti della colonia dai fedeli che entrano dal retro attraverso un ponte di legno che collega con il declivio della montagna all’esterno della colonia. il crocifisso è una riproduzione del Giambologna a Firenze, due statue riproduzioni di quelle di Luca della Robbia a Santa Maria degli Angeli: Santa Caterina da Siena e S. Francesco d’Assisi. La via crucis è una collezione di incisioni del XVII secolo procurate personalmente da Zanotti una iscrizione (in bronzo dorato) lungo tutto il perimetro interno della chiesa a caratteri grandi dorato con una frase di San Paolo: E se anche distribuisco tutte le mie sostanze ma non ho la carità, ciò non servirà a niente”. Dalla Strada Nazionale si accede alla chiesa perfettamente conservata; sul frontale d’ingresso è sbalzato a grandi lettere bronzate un versetto del vangelo di Giovanni: UT OMNES IN TE UNUM SINT (Che tutti siano una cosa sola). La popolazione di Mannoli apprezzò l’apertura della bella chiesetta in legno della colonia, alla devozione dei fedeli di Mannoli ed essi, in accordo con l’amministrazione comunale di S. Stefano hanno intitolato a questo “monaco laico” la piazza centrale.
L’Amministrazione Comunale di Santo Stefano convogliò le istanze del Comitato pro-monumento per la costruzione di un’opera che ricordasse Gaetano Filastò e i 32 caduti della Prima Guerra Mondiale e dell’ANIMI per fondare a Santo Stefano un nuovo asilo e ampliare così con la rete degli asili in Calabria e l’offerta formativa nel periodo prescolare in Aspromonte. Il “Metodo Zanotti” fu decisivo per accelerare la realizzazione e per raccogliere le migliori firme del tempo per dare a Santo Stefano un’opera monumentale corredata da installazioni artistiche. Il Podestà Giuseppe Priolo per il Comune e presidente del Comitato Cittadino “Pro-Monumento” con Gaetano Piacentini per l’ANIMI firmarono l’accordo il 16 gennaio 1927. L’ANIMI commissionò la progettazione al grande architetto Marcello Piacentini. Il Comune di Santo Stefano oltre a mettere a disposizione il terreno per la costruzione, aderì con la somma di 10.000 lire (richiesta al Ministero degli Interni), il Comitato con la somma di 10.000 raccolta tra i cittadini del Comune di S. Stefano, l’ANIMI con la somma residua di lire 159,671. Il progetto dell’Asilo monumentale fu realizzato dalla ditta milanese “Anonima Costruzioni Edilizie”, le lapidi marmoree con i nomi dei caduti dalla ditta “Geraci Marmi” di Palermo.
Santo Stefano in Aspromonte ospita un Complesso Monumentale, l’asilo, la biblioteca e il monumento ai caduti il cui progetto porta la firma del più rinomato architetto del suo tempo: Marcello Piacentini che realizzò una struttura architettonica di stile palladiano dedicata a Gaetano Filastò cittadino di S. Stefano in Aspromonte morto eroicamente il 14 ottobre 1916 sull’Isonzo. Ancora oggi è possibile ammirare le opere architettoniche e artistiche che arricchiscono la facciata esterna caratterizzata da un’ampia luce dentro cui si levano due colonne che sorreggono un poderoso timpano. All’interno del quale, al centro, è incastonata, in una cavità semisferica, una bellissima scultura bronzea dello scultore palermitano Mario Rutelli che rappresenta una Vittoria Alata (Nike di Samotracia) poggiata su un globo, con in mano una corona di alloro.
 Sulla facciata sono evidenti due bassorilievi simmetrici dall’alto valore simbolico in un monumento ai caduti. Le due lastre in marmo dello scultore Alceo Dossena, riproducono una stele funeraria, con un verso di Omero in greco, dedicata al guerriero mitico Demokleides (figlio di Demetrio) ucciso durante la guerra del Peloponneso.
Il 1° giugno 1932 Umberto Zanotti Bianco accompagnò il principe di Piemonte Umberto di Savoia con la principessa Maria José in occasione della loro visita alla colonia e all’inaugurazione del Complesso Monumentale. Umberto Zanotti Bianco fu amico e consigliere della futura Regina Maria Josè di Savoia, uno dei pochi ad accompagnarla al porto di Napoli per la precoce partenza sull’incrociatore “Duca deli Abruzzi” per l’esilio in Portogallo.
Umberto Zanotti Bianco rese Santo Stefano in Aspromonte centrale nell’attività dell’ANIMI, crocevia delle visite in Calabria di personalità di alto profilo tra intellettuali e artisti e benefatto. Zanotti accompagnò Rufo Ruffo della Scaletta dopo l’escursione con Zanotti sull’Aspromonte formulò l’obbligo per lo Stato del rimboschimento dei crinali per la salvaguardia del territorio. Zanotti seguì assiduamente la colonia intervenne personalmente per sedare le protesta della maestra Lucia Tedeschini contro le suore Alcantarine e, in particolare suor Teodolinda, per la severità dei metodi educativi adottati. Zanotti tranquillizzò la maestra affermando di essere perfettamente a conoscenza della situazione e dei metodi applicati dalle suore contro il quale, affermò ironicamente: “combattiamo da anni, spesso con la stessa efficacia con la quale Don Chisciotte combatteva contro i mulini a vento. L’obbedienza al di sopra della ragione delle suore rappresenta il loro limite e la loro forza […] amano in modo concreto e totale i bambini. Suor Teodolinda e le suore più anziane hanno con estremo coraggio e abnegazione provveduto alla vita della Colonia e a sfamare tante piccole bocche negli anni duri della guerra quando da Roma non si potevano più avere notizie dell’Aspromonte”.
Zanotti amò intensamente le aspre vette, i canaloni, i pianori aspromontani che divennero la rappresentazione geomorfologica più stringente di questa stupenda e sventurata terra tant’è che tra i suoi percorsi di riflessione preferiti vi fu l’ascesa da Mannoli a Montalto dove condivise le emozioni con personaggi della cultura e dell’arte che mai avrebbero calpestato quegli impervi territori e che rimasero affascinati.
Mezzanotte suonava da un lontano campanile di S. Stefano quando abbandonai con Teodoro Brenson la nostra colonia immersa nel sonno. Il mulattiere ci precedette a lungo, seguendo, tra i castagneti, scorciatoie invisibili e regolando il passo delle nostre cavalcature che rompevano il silenzio notturno con il tacchettio dei loro ferri: ma allorquando, varcato il pianoro delle Gambarie, fummo ai piedi di Montalto, avviati i muli su per il più buio del bosco, s’attaccò silenziosamente alla coda di uno di essi.
Sui campi erbosi – irreali nella luce di un’esile falce di luna – egli non s’era potuto trattenere dal lanciare, solitario, al cielo, un suo melanconico canto:
Suttu ’na sola stilla simu nati Veni cu lu to fiatu e dammi vita”.
Ma, ripenetrati nelle tenebre, anche la sua voce si spense…”.
 
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